La nostra storia
“… era sempre pieno di vita il vecchio cortile della casa dei Giromit:
Galline che razzolavano qua e là, sorvegliate da un maestoso gallo con le lunghe piume ramate e lucenti, quasi immobile dietro la grata del finestrino del suo arem. Si udiva il campano della mucca nella stalla sotto la grande cucina; la campanella e il belato della capra dello zio Girolamo nella stalla a sinistra. Odore di vino e di grappa in autunno, un via vai di uomini, donne e bambini che venivano a curiosare, là, a destra, l’alambicco in funzione …”.
Mariuccia Zanini
Per scoprire le origini dell’azienda vitivinicola Giromit, occorre percorrere a ritroso la corrente e compiere un lungo salto nel passato, affrontando un lasso temporale di almeno un secolo.
Tutto cominciò attorno al 1920, quando, Giovanni Odoro Zanini, nato sul finire del diciannovesimo secolo, giungendo in età adulta, decise di integrare l’agricoltura famigliare con la coltivazione della vigna. All’epoca, la famiglia Zanini si sostentava coi proventi legati alla coltivazione dei campi, all’allevamento di bestiame e alla conduzione di un osteria nel cuore di Incella, la piccola e graziosa frazione di Brissago, raggiungibile alzandosi di quota, imboccando via “Costa di mezzo” e risalendola per circa due chilometri. “L’osteria del Nostrano”, della quale ancora esistono alcune fotografie ben custodite dalla famiglia, offriva agli avventori piatti semplici e genuini, cucinati con prodotti locali frutto della terra e del duro lavoro della famiglia. Giovanni Odoro, pur avendo appreso il mestiere di carpentiere e lavorando ogni giorno sui tetti in piode, volle assecondare il suo sogno, quello di offrire ai clienti dell’osteria, oltre al buon cibo, anche del buon vino. Per non sacrificare i coltivi, Giovanni non convertì l’agricoltura in viticoltura, ma saggiamente dotò di pergole i campi terrazzati per fare in modo che si potesse, sotto di esse, ancora coltivare la terra. Per sfruttare ogni metro di suolo a disposizione, Giovanni piantò la vigna anche a ridosso dei muretti di terrazzamento e, non potendola coltivare a filare, adottò il vecchio metodo, dialettalmente denominato a “Rescana”, consistente in piccole pergole paragonabili a dei tunnel, sotto le quali potevano pascolare pecore e capre senza potersi nutrire delle foglie e dei grappoli, in quel modo mantenuti sospesi. Il connubio: vigna, pastorizia e orticoltura ebbe così successo e, il teatro di tutto ciò fu l’appezzamento “Sasel”, quello che oggi è il vigneto “fiore all’occhiello” dell’azienda Giromit. I vitigni scelti furono: Bondola, Merlot e qualche ceppo di Americana; le uve vendemmiate, assemblate in un’unica pigiatura, diedero origine al primo vino nostrano, a uso e consumo della famiglia e dell’osteria.
Dal matrimonio di Giovanni Odoro e Teresa Zaccheo Satragni, nacquero tre figli: nel 1916 Benigno; nel 1918 Ernesto e nel 1920 Mariuccia.
È doveroso, a questo punto, ricordare un celebre antenato che, scavando nel tempo, emerge dall’albero dinastico proprio di Teresa Zaccheo Satragni. Una breve parentesi che ci permetta di conoscere il Dottor Benigno Zaccheo, prozio di Teresa, medico di Brissago e Cannobio, in Italia nella vicina provincia di Verbania. Benigno Zaccheo fu, nel 1847, uno dei fondatori della Fabbrica Tabacchi di Brissago; partecipò ai moti del Risorgimento italiano e, fra le sue amicizie si annoverano personaggi illustri quali Vincenzo Vela, grande scultore di Ligornetto e Giuseppe Garibaldi. Fu proprio Garibaldi a donargli il cannone con il quale Benigno difese Cannobio dall’assalto degli austriaci del Generale Rodedzky. L’evento è ricordato e commemorato con una lapide, a lui dedicata, posta nella piazza di Cannobio.
Evidentemente, al primogenito di Giovanni Odoro e Teresa Zaccheo, viene dato il nome di Benigno proprio a sua memoria e, ad assorbire facendo sua la passione di Giovanni Odoro, dei tre figli fu per l’appunto Benigno. Di professione calzolaio, occasionalmente anche muratore, Benigno non abbandonò il lavoro nei campi, per il quale occorreva dedicare ogni ora di tempo libero e sacrificare le feste. Dal padre imparò a legare la vigna coi rametti di salice, a recarsi nel bosco per procurarsi pali di castagno per tenere in piedi le pergole e, soprattutto, apprese l’arte del fare buon vino, sempre e soltanto da consumare in famiglia e all’osteria, sempre e soltanto a livello amatoriale. Benigno continuò anche in seguito alla morte di Giovanni, oltre che padre, mentore e grandissimo aiutante nelle immani fatiche. Prodigandosi nell’adempimento delle varie attività, riuscì a mantenere anche la gestione dell’osteria, in seguito presa a carico dalla moglie Agata Flesca che, oltre all’amore e al sostegno nei lavori, nel 1955 gli diede un figlio: Gianfranco Zanini.
Gianfranco cresce in un clima sereno e saturo di sani principi che faranno di lui un uomo saggio e votato, non solo al lavoro, ma anche agli interessi sociali: si dedicherà al Soccorso alpino; diverrà capo sezione dei Vigili del fuoco di montagna a Brissago; membro dell’Ufficio Patriziale; Consigliere comunale e condurrà, con minuzioso impegno, un’onesta vita sociale e politica prodigandosi per la collettività che lo circonda.
Nonostante tutto ciò, nemmeno lui rinuncia al proseguo della tradizione di famiglia e alla passione per la viticoltura. Di professione elettromeccanico, non riuscendo, inevitabilmente, a gestire tutto quanto, rinuncerà all’ osteria, all’allevamento del bestiame e all’orticoltura, ma mai alla vigna.
Nel 1980, Gianfranco rinnova completamente “Il Sasel”: smantella le pergole, risistema i muretti a secco delle terrazze, i pali di castagno li sostituisce con quelli di cemento; abbandona la Bondola e si dedica unicamente al Merlot.
Gianfranco sposa Luciana Lamberti, dalla loro unione nascono quattro figli: Laura, Mauro, Diego e Fabio.
La “fortuna” dei Zanini sta nel fatto che la passione per la vigna e il vino, sia insita nel DNA della famiglia e pare destinata a non tramontare mai.
Ed è Fabio, loro ultimo genito, a seguire le orme del padre. In un primo tempo pare voglia diventare falegname, intraprende l’apprendistato, poi, improvvisamente decide di fare del diletto dei suoi avi, la sua professione. Il primo passo lo compie frequentando la scuola Agraria Cantonale di Mezzana, dove consegue il diploma di cantiniere; successivamente si specializza presso la scuola superiore di Changins dove si diploma con ottimi risultati; in contemporanea Fabio compie due esperienze lavorative presso la cantina Matasci di Tenero, prima, e la cantina Trapletti di Coldrerio dopo.
Nel 2010, si mette in proprio e si dedica anima e corpo alla professione. “Giromit” è il soprannome della famiglia Zanini, del quale non si conosce l’etimologia, ma dal quale prende il nome l’azienda vitivinicola di Fabio.
Rinnova il vigneto “Sasel” integrando le varietà con viti di Barbera e Gallotta, dalle quali otterrà ottime uve che, assemblate al Merlot daranno origine al prestigiosissimo vino che prende il nome dal vigneto.
Fabio amplia gli orizzonti rilevando diversi vigneti nelle Terre del Pedemonte, nei comuni di Verscio e Cavigliano, realizzando in tal modo le diverse etichette che fanno parte della sua gamma proposta al mercato. Nel 2014 l’azienda vitivinicola assume lo stato sociale di SAGL, ormai Fabio è lanciato e, giorno dopo giorno, conquista gli spazi che gli spettano di merito, grazie alla sua smisurata passione e dedizione.
E veniamo ai giorni nostri:
La marcia inserita incontro al futuro, l’occhio dentro lo specchietto retrovisore rivolto al passato, e il presente concentrato sulle strategie ben fissate nella sua mente. La missione di Fabio, la sua vera sfida, sta nel portare in avanti la tradizione in simbiosi con le nuove esigenze legate al clima e all’ecologia. Sensibile al tema dell’inquinamento, si interessa alle tematiche Bio e Biodinamiche, sceglie con cura nuove varietà di vitigni interspecifici, allo scopo di ridurre il numero di trattamenti anticrittogamici, proprio in funzione della loro resistenza; ospita nei suoi vigneti, nei mesi invernali, numerose galline allevate da amici, per favorire la lotta naturale contro insetti dannosi quali la Nottua e la Boarmia; inoltre, la presenza delle galline, ha come effetto secondario l’arricchimento del suolo mediante l’apporto di pollina.
Svariati gli accorgimenti dei quali Fabio tiene conto, come lo sfalcio alternato e la rinuncia agli erbicidi, banditi dai suoi vigneti ormai da anni. Per non parlare poi della cantina dove vige scrupolosamente la massima igiene e la cura incommensurabile con la quale carezza i suoi vini.
Fabio Zanini si impegna anche nella formazione di apprendisti, sia nel settore viticolo che in quello vinicolo, ad oggi, ormai professionisti, si annoverano: Luca Gilardi e Luca Bonzani.
Inoltre offre l’opportunità di lavorare presso la sua Azienda al collaboratore Mario Borgnis e, saltuariamente si avvale del prezioso aiuto dello zio Ennio Lamberti e dell’instancabile papà Gianfranco.
“Il Sasel”, l’antico vigneto di famiglia, sito all’ingresso della frazione di Incella, resta, e per sempre rimarrà, “la punta di diamante” della Giromit. Con la sua esposizione a sud, affacciato sul lago Maggiore che, da sotto, gli permette di specchiarvisi, con la sua peculiarità di ricevere il sole sin dalle prime ore del mattino, ma non nel pomeriggio avanzato, quando la calura, surriscalderebbe gli acini, garantisce a Fabio di vendemmiare uve eccellenti dalle quali ottenere, come già detto, il Sasel, un vino nobile affinato in barrique che, per caratteristiche, alla lunga si distingue e non teme concorrenti.
Eccellenti i vini ottenuti dalle uve Pedemontane, uve invidiate, proprio per la vocazione del territorio, in tutto il Canton Ticino; estremamente interessante e di alta qualità, inoltre, il buonissimo “L’Igher”, il bianco ottenuto da assemblaggio di diversi uvaggi e che prende il nome dalla forma dialettale del Maggiociondolo, del quale Incella e i suoi monti sono particolarmente ricchi.
Ottime le sue grappe; il Brioso, suo spumante Brut e la dolce Klepsydra, ottenuta da uve di Americana ed eccellente nell’accompagnamento di dolci e formaggi.
Fabio vinifica anche per terzi e sovente si diletta nella creazione di “chicche”, legate a eventi o ricorrenze, o semplicemente destinate a un mercato di nicchia.
Ma del passato a Fabio non rimangono soltanto le fotografie in bianconero, scatti pregni di storia, nostalgia, sudore e fatica, quei ritratti di uomini: i suoi antenati, con le schiene ricurve e gli sguardi fieri, gioiosi, sguardi appagati. Del passato a Fabio rimane anche l’orgoglio di chi, con umiltà, ha saputo coronare i propri sogni, fondati su principi quali l’onestà e la dignità.
Due bellissimi bambini, Natan e Tobia, sono il frutto dell’amore di Fabio e Martina Corti, se la tradizione vorrà, il futuro dell’azienda ha già le basi su cui continuare…
Là dov’era l’Osteria del Nostrano, oggi vive Fabio con la sua famiglia, la nuova cantina si trova al piano sottostante; in quella vecchia, fra i muri di sasso, quella dove per tre generazioni hanno vinificato suo bisnonno, suo nonno e il padre, oggi vi si trovano le barriques, colme di vino e profumo di amarena.
Nelle notti d’estate, quando i riflessi dei lampioni illuminano porzioni di lago, calmo e sornione a celare i misteri delle sue profondità, i grilli friniscono in concerto fra le viti del Sasel, e la poesia accompagna la maturazione dell’uva addolcendo il mosto dei suoi acini.
A volte, d’inverno quando nevica, mentre Fabio lavora in cantina, Gianfranco suona il corno delle alpi sul piazzale antistante, e la magia si fa vibrazione a coccolare il vino dentro le tine.